mercoledì 29 febbraio 2012

Infanzia violata, bambini sfruttati, una società che anela nuovo ‘sole’


Un dramma che non si arresta, e che sembra in continua crescita quello dei bambini nel mondo che sono violati, sfruttati come baby-soldati, bambini lavoratori, schiavi sessuali. Oltre un miliardo di bimbi vive in Paesi lacerati da conflitti mondiali, come in Ciad, Somalia, Sudan, Georgia, Haiti, Iraq, Libano, Costa D’avorio, Repubblica Democratica del Congo, Nepal, Myanmar, Uganda.
L’infanzia violata, trova facile luogo di crescita nei Paesi dove la povertà e i conflitti interni sono di casa, nondimeno forme di schiavitù a danno dei bambini si alimentano anche nei Paesi ricchi del mondo, e nel modo più squallido quale quello pedopornografico.

Tale questione, purtroppo, è frutto di una realtà crudele e lontana dal senso del bene comune universale, poiché la società sembra non amare il proprio futuro ed è tutta presa dal proprio ego, prigioniera e malata di un forte individualismo e di una grande ipocrisia. Come si può venire a conoscenza di una tale cruenta verità e non reagire, sapere di bambini che vivono in stato di sofferenza, violati nella loro natura infante, nella purezza della loro crescita, sfruttati dalle circostanze profittevoli e prive di scrupoli, come si fa non agire veramente e concretamente per debellare questo fenomeno frutto indegno dell’egoismo dell’uomo avido e pieno della sua cupidigia, cosa fanno i ‘potenti’ che dispongono dei mezzi per fare qualcosa?
Come si può non reagire in coscienza, nel senso in cui ne parla Tommaso d’Aquino, cioè di coscienza come conoscenza, frutto dunque di vita vera e sperimentata, viva all’intelletto dell’uomo che con volontà deve agire, non lasciato dunque l’agire solo a un sentimento di percezione interiore, che a volte è difficile tradurre dal trascendente per renderlo reale ai bisogni della vita quotidiana. È, pertanto, necessario avere conoscenza in coscienza di alcune realtà che dovrebbero mettere alla prova il ‘sonno negligente’ di chi ha potere d’agire, giuridicamente e rettamente, ma che molte volte si distrae di fronte a chi grida giustizia, soprattutto si rende sordo alle grida d’aiuto di bambini che senza volontà alcuna sono privati della loro vita e della loro dignità di esseri umani in crescita. 

Come si presenterà questo futuro se continua a essere così ferito, come cresceranno queste creature che molte volte sono vittime di traffici di esseri umani, vittime di denutrizione, di analfabetismo, di reclutamento per essere baby-soldati, costretti a lavorare in età in cui i loro occhi curiosi e gioiosi si ritrovano a essere spenti dalla cupidigia e dalla cattiveria degli adulti che di loro si servono? Chi ritornerà a questi bambini, la gioia di una vita privata della sua natura semplice e pura, smaliziata dalla malizia dell’uomo, chi ritornerà ai loro occhi la serenità che ogni bambino ha diritto e il dovere di ricevere? Saranno forse i molti convegni e le molte discussioni che evidenziano il problema discutendo ma non concretizzando, a far ritornare la luce di speranza a queste creature?
I fatti fanno più delle parole, l’agire fattivo, coerente e contemporaneo, può essere elemento di rinnovata speranza e sollievo gioioso per bambini che perdono anzitempo la spontaneità solare della bellezza della vita.

Giovanni Paolo II, nell’udienza del 09/10/2004, alle deputate di oltre 100 paesi ricevute al termine della prima Conferenza mondiale delle Donne Parlamentari per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, fece un appello, quello di “Non ignorare il grido di dolore dei bambini”. Disse: “Nessuno può tacere o rimanere indifferente quando bambini innocenti soffrono, sono emarginati e feriti nella loro dignità di persone umane. Bisogna essere veramente consapevoli, aggiunge,  che i bambini e gli adolescenti costituiscono il futuro e la speranza dell’umanità e che della famiglia umana essi sono tesoro più prezioso, ma al tempo stesso, più fragile e vulnerabile”.

L’umanità intera nella sua storia faticosa, attualmente pienamente immersa nel progresso tecnologico, sta lentamente scoprendo le esigenze più profonde e inestinguibili perché l’uomo, ogni persona, possa vivere e fiorire nella propria misteriosa realtà, nella propria insopprimibile dignità. Giovenale, in una conosciuta massima afferma: “Maxima debetur puero reverentia”, “Al bambino si deve il massimo rispetto”.
Iniziare forse anche a definire onestamente cosa sia il bene, come le creature più piccole siano il bene comune di una società che si rende arida, violentandoli, poiché rende schiavi creature nate libere ma che, per costrizione umana, sono rese schiave.

E’ ridicolo oggi parlare di schiavitù, sembra proprio che la società non abbia imparato niente dalla sua storia evolutiva, peggio parliamo della schiavitù di bambini, e non esiste atto maggiormente degenere e ignobile di cui l’uomo si possa rendere artefice, nei molteplici aspetti, compresi quelli psicologici. Il precetto naturale di fare il bene, di volere il bene comune, tende a concretizzarsi in un movimento di apertura, di disponibilità, di amore verso ogni persona umana. È riscontrabile in ciò una singolare vicinanza del contenuto della legge morale naturale con la più profonda eticità evangelica che pone come regola d’oro quella dell’amore al prossimo come a se stessi: l’altruismo, la gratuità deve prevalere sopra ogni ricerca esclusiva di sé. Caterina da Siena, nella Lett. n. 268, mette in risalto una critica netta e rigorosa della politica dominata dall’«amore di sé», che, dice è radice dell’«ingiustizia»; una critica condotta fino in fondo, cioè fino alle esigenze della verità che è la base della giustizia e la chiave del bene comune.

Appare sempre più chiara la necessità di partire dal concetto fondamentale di dottrina sociale della dignità della persona umana: se l’uomo è segno altissimo dell’immagine divina, se questo segno è dato dalla sua libertà soprattutto, ecco allora che la società degli uomini non può avere altro tessuto connettivo che quello della carità, una carità ovviamente che va ben oltre una solidarietà esistenzialmente necessitata. La carità, oltre che valore centrale dell’etica cristiana, è anche fonte inesausta di una vera civiltà. È nella giustizia la matrice del bene comune. Ed è giustizia e amore che chiedono questi bambini. È la giustizia che assicura il bene individuale e il bene comune. Anzi, dove v’è ingiustizia non può esservi che disordine sociale ma anche grave danno per lo stesso individuo, perfino di chi crede di raggiungere la felicità attraverso una disordinata ricerca di un bene particolare esaltato.

E' in gioco il destino dell’uomo, impegnarsi nella causa del ritornare ai bambini la loro vita, è un dovere: la dimensione sociale è all’uomo naturale tanto quanto la dimensione individuale. Bisogna intervenire in maniera più incisiva là dove sono violati anche i più elementari diritti umani. Il bambino di una donna Maya è il bambino di tutta la comunità è un antico detto del Guatemala e sta a indicare come la nascita di un bambino non è solo un fatto meramente privato, ma anche della comunità tutta che, riconoscendo il valore di una nuova vita, se ne prende cura già dal momento della nascita, che diventa una rinascita rituale collettiva.

La vita quotidiana è lo scenario pedagogico in cui si agitano i vari attori, è fondamentale quindi prendersi cura oggi della gioventù più fragile, indipendentemente dalla cultura di riferimento per avere dei futuri adulti capaci a loro volta di capire, interpretare e sollecitare le potenzialità dei bambini. Solo una cultura della conoscenza può garantire il miglioramento della vita. Si riparte dall'individuo più inerme, e dalla società che anela nuovo ‘sole’, luce chiara, per rendersi meno confusa, meno insensata, meno indifferente.


[Foto: Guido Reni, Apollo] 

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