martedì 29 maggio 2012

La Tenerezza dell’Umanità


Con M. L. King: “Se non potete essere un pino sulla vetta del monte, siate un cespuglio nella valle, ma siate il miglior piccolo cespuglio sulla sponda del ruscello. Se non potete essere una via maestra siate un sentiero. Se non potete essere il sole siate una stella, non con la mole vincete o fallite. Siate dunque il meglio di qualunque cosa siate. Cercate ardentemente di capire a cosa siete chiamati e poi mettetevi a farlo appassionatamente”. Per rispondere alla chiamata dell'Eterno, il pensiero deve farsi umanamente eterno.

L'uomo se non affronta il rischio della consapevolezza, operando concretamente e linearmente a quanto è chiamato a rispondere, smette di essere uomo. Nell’Amore riconosciamo le origini dell’essere persona, della sua condizione di perfettibilità, l’Amore si presenta come dono, possibilità di esistenza e assoluta gratuità di bene. La persona, in conseguenza, è chiamata a divenire amore di sapienza, amore appassionato, amore capace di amare.

Il rapporto tra fede e ragione, è lucidamente sintetizzato nell’affermazione di Tommaso d’Aquino: “Siccome la ragione naturale si eleva dalla conoscenza delle creature verso la conoscenza di Dio, mentre la notizia della fede scende da Dio verso di noi mediante la Rivelazione, risulta che identica è la via di ascesa e di discesa” (S. C. G., IV, 1). Ora, se la via è la stessa, l’incontro è obbligatorio, e non può che essere altamente prolifico.

L’Amore trasforma col suo potere redentivo. La Speranza è ostinata, anche in un mondo che sembra sprofondare verso l’indifferenza etica e morale del suo essere umano, non è mai stanca di gridare che soltanto Dio è Dio, che l’uomo è fatto per Dio, che ogni uomo è amato da Dio, che la pace e il dialogo, la giustizia e la solidarietà, non hanno alternative.

Il primo passo è, pertanto, prendere coscienza della propria identità umana, applicando l’antico precetto socratico del conosci te stesso, come anche del cognoscimento di sé, cui ci esorta S. Caterina da Siena. Questa presa di coscienza è importante, poiché da questa consapevolezza nasce una diversa gerarchia di valori, che ci porta a fuggire i beni passeggeri e a ricercare i beni eterni dell’anima, e a sostenere, con Plotino, che: “Essere felici non vuol dire avere un corpo grande e forte; né una buona disposizione dei sensi, poiché gli eccessi dei sensi stordiscono l’uomo e minacciano di trascinarlo con sé. E’ necessario che l’uomo, come tirato in senso opposto verso il Bene, da un contrappeso, diminuisca e indebolisca il suo corpo, così da mostrare che l’uomo vero è ben diverso dalle cose esteriori” (Enneadi I 4).

Urge non dimenticare che il Verbo, sceso in mezzo a noi, assume la nostra carne, la natura umana: Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. (Fil. 2, 5-8).

Il proferire di Dio si manifesta, Dio è manifestazione perché intrinsecamente comunicazione, Egli stesso è necessità di apertura, farsi altro, che nella parola storica si fa dialogo con l’umano, comunicazione con e in esso. Il Padre e il Figlio: identità e distinzione; inseparabilità dei distinti che è, al contempo, apertura alla distensio Dei del processo creazionale, molteplicità degli enti. E’ l’eterna dimensione kenotica che si manifesta in Dio, kenosi che rende l’uomo capax Dei, in grado, dunque, di ascoltare e divenire dimora della Parola.

Tale responsabilità non può che nobilitare l’uomo, renderlo costantemente vigile e capace di carità, ricercatore mendico di continua verità, chinato al suo nulla essere senza l’umanità che lo rende il miracolo meraviglioso della sua esistenza.

Siate dunque il meglio di qualunque cosa siate. Cercate ardentemente di capire a cosa siete chiamati e poi mettetevi a farlo appassionatamente.  


(Foto: Guercino, Madonna del Passero)

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