mercoledì 12 marzo 2014

S. Nicodemo Abate

Monaco basiliano, calabrese, si riconosce amante dell’Amato e ispirato dal suo profondo sguardo indagatore, attratto dalla rinomanza dei Padri Basiliani di Tauriana, della provincia di Reggio Calabria, peregrinò da giovanissimo e chiese di essere ammesso nell’ordine. Quando, infatti, fu accettato, impressionò i confratelli con la sua continua preghiera, protratta oltre i normali limiti umani, i patimenti fisici e le esaltazioni mistiche.

Costretto a fuggire dal Mercurion dalle continue incursioni saracene trovò rifugio sul Kellarana, allora luogo completamente selvaggio ma nelle cui vicinanze si trovava la strada della Seja che collegava il Tirreno con lo Ionio, attirando nel tempo, grazie alla sua fama di santità, numerosi altri asceti e pellegrini.

Visse da penitente nelle boscaglie del Monte Cellerano, curando spiritualmente i primi abitanti di Mammola (RC); santificatore delle loro anime e grande operatore di miracoli, ancora oggi i Mammolesi lo pregano e venerano con altissima devozione.

L'insegnamento di san Nicodemo è per molti aspetti somigliante a quello di san Francesco d’Assisi. Leggende, racconti pervenutici lo descrivono mentre difende un lupo dai contadini che lo vogliono uccidere dimostrandone la socievolezza, oppure mentre impedisce a un confratello di colpire uno scorpione poiché anch'esso "creata da Dio per stare sulla Terra".

Le sue ossa riposarono sul Monte Cellerano sino al 16 ottobre 1588 quando, per decreto dell’Università di Mammola e del suo Barone D. Indico da Aragona de Ajerbis, Bolla Pontificia di papa Sisto V e editto del Vescovo di Gerace, Ottaviano Pasqua, con imponente solennità, sono state trasportate in Mammola.
A Cirò fu donata un’insigne reliquia che si conserva nell'oratorio al Santo dedicato.

 [Foto: S. Nicodemo Abate]
  


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