lunedì 14 aprile 2014

La forza dolce e pervasiva dell’Inno all’Amore

“Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!” (1 Cor 13, 1-13).

Significativo e oltremodo illuminate è quanto Tommaso d’Aquino, circa la Carità, asserisce nella Summa Teologica: “La carità tra l’uomo e Dio, essendo un mutuo amore col volere il bene l’uno dell’altro, è Amicizia. L’amicizia è qualche cosa di creato nell'anima, perché il moto dell’anima ad amare Dio per se stesso, e la potenza di fare atti che sono soprannaturali, esigono una inclinazione abituale che non si ha dalla natura. La carità è la più eccellente delle virtù, perché riguarda Dio per se stesso, mentre la fede e la speranza riguardano Dio per qualche cosa che da lui a noi deriva. Se virtù vera non c’è senza ordine all'ultimo fine, cioè al Bene infinito, senza la carità non può esserci nessuna vera virtù. (S. Th., II- II, q. 23). Evidenzia, successivamente: “Chi ama il prossimo ama l’amore del prossimo; il prossimo si ama di carità, perciò la carità stessa si ama di amore di carità. (S. Th, II-II, q. 25, a. 2) […] Chi ama l’iniquità odia l’anima sua” (S. Th, II-II, q. 25, a. 7) e, proseguendo afferma: “Della carità, che è virtù e perciò principio di azione, è più proprio amare che essere amato”. (S. Th., II-II, q. 27).

Penetrando ora, con s. Paolo, la forza dolce e pervasiva della sua lirica all'amore, ci immergiamo nella  comprensione del che cosa significa “amare il prossimo”. Egli parla della carità come se fosse una persona, un soggetto vivo, autonomo: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine

Chi è mosso dalla carità mostra un atteggiamento d’illimitata comprensione e fiducia nel suo prossimo e non si arrende mai di fronte a nessuna difficoltà. Finanche la fede e la speranza non reggono di fronte alla carità, che è un amore che abbraccia tutti, che non esclude nessuno e “che non avrà mai fine”. Scrive l’Aquinate: “La speranza, come ogni altro moto appetitivo, deriva da un certo amore, cioè dal fatto che uno ama il bene che attende. Ma non ogni speranza proviene dalla carità, bensì i soli moti della speranza formata, in forza della quale uno spera il bene da Dio come da un amico”. (S. Th., II-II, q. 17, a. 8, ad 2). La carità è discriminante nella vita del cristiano: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35), “… perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 22-23)

Nella prima parte della lirica emerge la superiorità dell'amore su ogni altra qualità: "Se parlassi tutte le lingue, se conoscessi il futuro e tutti i misteri e tutte le scienze, persino se avessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi l'amore, non varrei nulla. Anche se regalassi tutti i miei beni, persino se fossi disposto a sacrificare la mia vita, ma lo facessi per potermene vantare e non per amore, non mi servirebbe a nulla". 
Nella seconda parte si enunciano le caratteristiche dell'amore: "Chi ama è paziente e premuroso. Chi ama non è geloso, non si vanta, non si gonfia di orgoglio. Chi ama è rispettoso, non va in cerca del proprio interesse, non conosce la collera, dimentica i torti. Chi ama rifiuta l'ingiustizia: la verità è la sua gioia. Chi ama, tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, non perde mai la speranza". 
Nella terza parte si evidenzia il primato dell'amore: "L'amore non avrà mai fine. Tutto, di questo mondo, scomparirà; adesso noi vediamo in modo confuso, nel mondo venturo vedremo (Dio, somma verità e sapienza) faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Ora solo tre cose contano: la fede, la speranza e l'amore. Ma la più grande di tutte è l'amore!"

Il termine di raffronto, di misura dell’integrità è l’Amore, nel senso più alto del termine: Agape, amore gratuito, che spinge a donare la vita per gli altri, amore di Cristo per l’umanità peccatrice; amore del Padre che fa festa per ogni figlio che ritorna; amore dello Spirito, che ci apre alla misericordia sicura nel giudizio finale. È l’Amore che travalica ogni limite di comprensione razionale umana, ma che sprona il limite stesso a superarsi nell'abbraccio che Cristo rende radioso. È l'amore nella sua forma più elevata, l'amore dischiuso a tutti, edificato sul dono del proprio tempo, della propria sensibilità, delle proprie risorse intellettuali: il dono di sé. La carità è, dunque, la virtù con la quale lo Spirito rinnova la facoltà di amare e, segno chiaro, strumento efficace di tale carità, è la Croce: “Non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi” (Rm 8, 32). Per Paolo vale, dunque, l’espressione di s. Agostino: “Se vedi la carità, vedi la Trinità” (De Trinitate, VIII, 8, 12). Ergo: “ Il primo frutto dello Spirito è l’amore” (Gal 5, 22), “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4, 13).
  
[Foto: Francesco Salviati, Caritas]


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